Ricevo e posto. Non so chi abbia scritto queste righe. Ma le parole che ho sottolineato avrei voluto scriverle io....
Questo film vale il prezzo del biglietto.
Solo è talmente quieto e sottotono che molti, con la mente ingombrata da tonnellate di recensioni sul genere "Vi spieghiamo che esistono anche i cowboys gay" e aspettandosi situazioni limite, si ritrovano con una storia che sembra più Bergman che America Selvaggia e nessun clamore.
Non ci sono i cowboys in ascesa di John Ford né quelli in discesa del cinema contro anni '70. E soprattutto non ci sono i gay.
Chi si aspetta qualcosa, qua dentro, rimarrà ad aspettare. Chi ci va per riconoscersi in una categoria resterà a guardare se stesso. Chi cercherà soluzioni e sovrascritture di uno status facilmente individuabile come molti giornalisti...mah, giornalisti... alla mostra di Venezia, stringerà una manciata di polvere.
Lo stesso titolo, che in originale è semplicemente Brokeback Mountain, qui da noi è diventato "I segreti di", pronto a suggerire qualcosa di segretamente proibito. Ma quanto siamo piccolissimi borghesi.
Ho sempre pensato che la più grande trasgressione si è capaci di attuarla attraverso l'accettazione e il riconoscimento, che il forzare i limiti di qualcosa non è nell'andare contro ma nel contenerlo.
I film che più scardinano non sono fatti di rumore ma di occhi aperti, di materiale assimilato.
Questo film lo fa. E lo fa nel modo più conservatore che esiste. Per questo irrita la maggior parte delle persone.
In questo caso, prendere o lasciare.